Il 19 marzo a Milano per la presentazione del mio libro

Lunedì 19 marzo sarò a Milano per presentare il libro scritto con Raffaele Picilli e Marina Ripoli “Come raccogliere fondi per la politica. Manuale di fundraising e comunicazione per partiti, movimenti e candidati”.

La presentazione si svolgerà presso l’Hotel Ascot di Milano in via Lentasio 3 ealle ore 18.30 e saremo ospitati da Ferpi Lombardia 

Nando Pagnoncelli, CEO di Ipsos Italia e autore della prefazione del libro, sarà tra i relatori dell’incontro insieme ad Alessandro Papini, delegato Ferpi Lombardia, e Mario Rodriguez, esperto di comunicazione politica e fondatore di MR & Associati. Introdurrà l’incontro il giornalista e socio Ferpi Orazio Ragusa Sturniolo.

Io e Raffaele illustreremo i contenuti del manuale: “Il nostro sistema politico, ormai privo di rimborsi elettorali, sta facendo i conti con il falso mito della politica a costo zero. Oggi, il rosso delle casse dei partiti è lo specchio di un uso ancora poco efficace dei principi e delle tecniche di fundraising. La crisi sistemica della politica è acuita dalla mancanza di trasparenza nelle modalità di finanziamento dei partiti. Il fundraising politico, invece, se fondato su codici etici, regole di trasparenza e un approccio relazionale, può rappresentare una risorsa democratica per il nostro Paese. Tale concezione del fundraising va al di là della funzione utilitaristica e a breve termine della semplice raccolta fondi. Si tratta di una vera e propria strategia comunicativa per la partecipazione politica”.

Un ringraziamento particolare ad Alessandro Papini e a FERPI (di cui faccio parte) per l’interesse mostrato verso questo progetto e la volontà di valorizzare il mio lavoro. Grazie

Digital PR: alcune lezioni apprese al seminario FERPI

Si è tenuto a Napoli lo scorso 2 ottobre il seminario Ferpi “Digital PR. Progettare solide relazioni sui mattoni dei bit”, a cura di Letizia Nassuato e Elena Salzano. Il seminario, ospitato dall’Unione Industriali di Napoli, è stato un prezioso momento di riflessione sul rapporto tra relazioni pubbliche e digitale, un’occasione per approfondire le nuove forme di marketing che viaggiano sul web, utilissime per la costruzione della reputazione online di qualsiasi organizzazione.

Creare relazioni, costruire credibilità e reputazione è la chiave del successo di un brand, che per questo motivo ha necessità di monitorare le “conversazioni” che si sviluppano intorno al marchio non solo offline ma anche e soprattutto online. Il web, e i social media in particolare, sono il nuovo luogo di elezione dove consumatori e consuma(t)tori riscrivono le storie e la reputazione dei brand attraverso commenti, foto, recensioni e video. Le aziende non possono perciò restare a margine di questa nuova forma di narrazione ed è così che le PR diventano Digital PR e iniziano ad andare a caccia di influencer.

Ne abbiamo discusso lo scorso 2 ottobre presso l’Unione Industriali di Napoli in occasione del seminario Ferpi “Digital PR. Progettare solide relazioni sui mattoni dei bit”, a cura di Letizia Nassuato, Regional Communication Manager Vodafone Italia e Membro CASP di Ferpi, e Elena Salzano, Delegato Ferpi per la Campania e Docente di Event Management.

In qualità di padrone di casa, Antonio Parlati, Presidente Sezione Editoria Cultura-Spettacolo dell’Unione Industriali di Napoli e dirigente Rai, ha aperto i lavori con un video vivace e significativo sul fenomeno delle Digital PR. Un mix di numeri, casi virali e foto delle celebrities dei social network ha perfettamente descritto il contesto attuale e introdotto l’interessante intervento di Sara Di Mattia, Senior Account Director di We Are Social, incentrato sull’arte dell’influencer marketing.

Ma che cos’è l’influencer marketing? Chi è un influencer?

Un influencer è in grado di “spostare” opinioni, pareri o preferenze. È un individuo a cui viene riconosciuta autorevolezza, competenza o talento in un determinato settore, un personaggio che è diventato famoso attraverso il web (es. Frank Matano) o una celebrity già famosa offline ma che ha saputo costruire con efficacia la propria presenza online (es. Gianni Morandi, Belen Rodriguez). L’influencer marketing consiste nel coinvolgere gli influencer in operazioni di product placement (più o meno velate) ampliando il raggio di azione dell’azienda che ha l’opportunità di farsi conoscere da fan base consistenti.

Sara Di Mattia ha parlato di 4 categorie di influencer: 1) creator: generatori di contenuti di qualità come gli artisti che pubblicano le proprie opere su Instagram; 2) talent: detentori di particolarità abilità come gli sportivi; 3) testimonial: nel senso tradizionale del termine; e 4) media: quando i contenuti degli influencer diventano veri e propri “mezzi” attraverso i quali le aziende mostrano i propri prodotti. Si tratta di categorie fluide: un influencer può appartenere ad una o a ciascuna di queste categorie.

Un’azienda deve saper scegliere l’influencer giusto in base agli obiettivi e ai KPI stabiliti, al target di riferimento e tenendo conto di fattori quantitativi, qualitativi e valoriali. Potrebbe scegliere dei mega-influencer, se punta ad un’audience mainstream, oppure dei micro-influencer, se invece preferisce un’audience di nicchia affine al brand. Alla scelta segue l’ingaggio, inteso come momento sia di contrattualizzazione del rapporto tra azienda e influencer sia di definizione della partnership. Quest’ultima è meglio se espressa con una relazione di co-creazione all’interno della quale vengano rispettati da una parte i valori del brand e dall’altra lo stile e le modalità narrative dell’influencer. È bene inoltre evitare operazioni di endorsement occulte, che non giovano alla reputazione né dell’influencer né dell’azienda. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato sta indagando in questo senso sul fenomeno dell’influencer marketing sui social network. Lo scorso luglio l’authority ha inviato lettere di “moral suasion” ai più famosi web influencer chiedendo che sotto le foto con prodotti chiaramente riconoscibili aggiungano hashtag come #pubblicità, #sponsorizzato, #advertising e #inserzioneapagamento.

Di occulto c’è ben poco, invece, nella case history di successo rappresentata da Fanpage. Attraverso la relazione di uno dei suoi giornalisti di punta, Ciro Pellegrino, abbiamo ripercorso i passi di questo modello di business dell’editoria digitale, tra di essi una delle operazioni virali più note: il video a sfondo sociale contro la violenza sulle donne “Dalle uno schiaffo” (poi tradotto in inglese con “Slap Her: children’s reactions”), che ha raggiunto milioni di visualizzazioni su YouTube grazie alla logica della condivisione (gratuita) adottata anche in ambito giornalistico.

Sulla logica della condivisione, ma delle emozioni in real time, si fonda “Phlay” l’invenzione di Mario Amura, Cofondatore di Emoticron, che spiegando le potenzialità della sua app ci ha ricordato quanto ciascuno di noi, ciascun utente digitale, voglia sentirsi protagonista ed essere messo al centro.

Un comunicatore, però, non deve dimenticare che in Italia manca ancora una vera cultura del digitale. Caterina Stagno, Dirigente della Struttura Inclusione Digitale RAI, ha ricordato che il nostro Paese è 25esimo nella classifica europea del Digital Economy and Society Index. Gli Italiani, aldilà del gap infrastrutturale, sono sul web ma non sanno utilizzare i servizi digitali, non sanno ancora usufruire dei benefici e dei vantaggi che la tecnologia oggi offre. Per questo la Rai, come nel passato, prosegue la sua missione di alfabetizzazione, oggi orientata al digitale. Per questo realizzare una campagna di comunicazione non può vuol dire focalizzarsi solo sul digitale. «I canali digitali sono solo una parte dell’intero progetto», ha sottolineato Elena Salzano, raccontando l’interessante utilizzo del viral marketing e dell’influencer marketing nella recente campagna ideata per la Regione Campania “Campania Percorsi dell’Anima”.

«Siamo noi comunicatori ad essere dei viaggiatori dell’anima», ha osservato Pier Donato Vercellone, Presidente Ferpi e Direttore Comunicazione Sisal Group, che, tirando le somme dell’intensa mattinata di seminario, ha voluto ricordare in cosa consiste la professione del comunicatore, ossia costruire reputazione e fiducia attraverso una narrazione e la creazione di un legame emotivo.  Sono queste le linee guida di un comunicatore, regole che valevano per il passato, che valgono oggi per il digitale e che varranno ancora in futuro per i nuovi strumenti che ci troveremo ad utilizzare.

Secondo il nostro presidente la comunicazione dunque non è cambiata, sta solo evolvendo. Come sottolineato infatti da Letizia Nassuato, promotrice di questo prezioso appuntamento di formazione: «Oggi  le relazioni con i nostri stakeholder riguardano tanto la capacità di contribuire a costruire la reputazione di un brand, quanto la chiave per progettare una relazione costruttiva e sostenibile con i diversi pubblici di riferimento. Da qui la necessità di partire da una nuova prospettiva e con una visione sempre più multidisciplinare».

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Digital PR. Progettare solide relazioni sui mattoni dei bit

Lunedì 2 ottobre 2017 parteciperò al corso “Digital PR. Progettare solide relazioni sui mattoni dei bit” organizzato da FERPI a Napoli presso l’Unione Industriali di Napoli in Piazza dei Martiri, 58.

Sarò con lì con tutta la delegazione FERPI Campania. 

Orientarsi nelle acque del web e dei social network, dove il flusso di conversazioni è continuo, le dinamiche di interazione complesse, i tempi di reazione fast ed il linguaggio furious, richiede competenza, coerenza e costanza. L’arena del web ha abbattuto lo spazio fisico delle relazioni, amplificandone i messaggi in termini di quantità, restringendo al contempo il margine di differenziazione. Il corso si propone, attraverso l’intervento di esperti del settore sia del mondo accademico che aziendale, di fornire metodi e strumenti utili alla realizzazione di una strategia di comunicazione multicanale coerente con i diversi pubblici di riferimento, individuando nuove opportunità di business e rafforzando il posizionamento del proprio brand (personal o corporate) online.

Info e Iscrizioni:
casp@ferpi.it
02 58312455

Come il fundraising può cambiare la politica | Il mio articolo su FERPI Magazine

Oggi sono a Roma all’assemblea annuale di FERPI.
Interessante dibattito con Tony Podesta su fundraising e comunicazione politica. Ecco il mio contributo sul numero del Magazine FERPi distribuito oggi in Assemblea:

Come il fundraising può cambiare la politica

L’importanza della comunicazione e il valore della fiducia

Non si fa in tempo a festeggiare la vittoria della “speranza” sulla “paura” che puntualmente tornano gli scandali della politica a minare la fiducia degli Italiani. Così, parlare di fundraising politico può sembrare fuori luogo, irrispettoso nei confronti dei cittadini delusi – e disillusi – alle prese con doveri e problemi quotidiani. Eppure è proprio questo il punto. Introdurre attività strutturate di raccolta fondi e mobilitazione dei volontari obbliga qualsiasi partito o movimento politico a scontrarsi con la sfiducia degli elettori verso la politica e le istituzioni.

Raccogliere fondi, coinvolgere, mobilitare non è però possibile se non si recupera credibilità agli occhi dei cittadini, e ciò non è cosa semplice, se non si agisce anche dal punto di vista della comunicazione incidendo sulla relazione tra governanti e governati, ricostruendo quel patto fiduciario oramai debole e svilito alla base della nostra democrazia.

Come sostengo nel libro Fundraising e Comunicazione per la Politica, di cui sono coautrice insieme al fundraiser Raffaele Picilli, la comunicazione politica può infatti rappresentare un elemento fondamentale di (ri)connessione tra cittadini e mondo politico, condizione che diventa necessaria soprattutto se si pensa agli effetti della legge sull’abolizione del finanziamento pubblico diretto in favore dei partiti (Legge 21 febbraio 2014, n. 13).

Come è già noto, la nuova legge non abolisce il finanziamento pubblico della politica, ma sostituisce i rimborsi elettorali – che saranno ridotti di anno in anno fino a sparire del tutto nel 2017 – con il due per mille e le donazioni fiscalmente incentivate. Si passa dunque da un finanziamento pubblico fornito a prescindere ad un finanziamento pubblico sottoposto alla volontà e alla scelta dei cittadini, un sistema che vede inoltre l’impossibilità per i privati e le società di donare più di 100 mila euro all’anno.

Questo cambiamento impone ai partiti la creazione di un meccanismo di autofinanziamento diffuso, attraverso il quale saranno le microdonazioni a contare e quindi i cittadini ad avere l’ultima parola. Le organizzazioni politiche saranno perciò spinte ad attivarsi per ricercare un rapporto, una “relazione” con i propri elettori, se non altro per ragioni economiche (sono infatti pesanti i contraccolpi sul mantenimento delle strutture partitiche).

Un sistema di microfinanziamento di questo tipo si costruisce quindi attraverso la pratica del “fundraising politico”, che non è pura e semplice raccolta fondi, ma l’insieme di quei princìpi e di quelle tecniche che hanno l’obiettivo di trasformare un donatore occasionale in un donatore regolare, ed un semplice elettore in un volontario attivo.

In questa chiave la comunicazione politica diventa un tassello fondamentale per il successo del fundraising, tra l’altro anche da un punto di vista strettamente operativo. Difatti parliamo di una vera e propria attività di comunicazione e relazione, e molte regole del fundraising politico coincidono con le buone pratiche della comunicazione politica.

Saper trasmettere bene e positivamente il messaggio, il programma, i valori e i tratti distintivi che differenziano il candidato/partito nel “mercato politico”, rendendolo facilmente identificabile dai propri elettori, è infatti funzionale alle operazioni di fundraising.

Riuscire a stimolare l’attenzione dei target di riferimento attraverso una narrazione, uno stile comunicativo chiaro, efficace, emotivo e razionale insieme, permette al candidato di entrare in relazione con l’elettore, e spinge all’azione il sostenitore (call to action).

Porre la massima cura e attenzione sulla coerenza delle proposte e sulla continuità di immagine del candidato/partito nel corso della campagna è fondamentale per convincere gli elettori della serietà del progetto politico e incoraggiare il voto così come la donazione.

È evidente dunque la sinergia e l’integrazione tra gli obiettivi della comunicazione e quelli della raccolta fondi, soprattutto se si comprende che il fundraising non ha solo obiettivi monetari.

Il coinvolgimento e la mobilitazione dei cittadini mediante il sistema delle donazioni crea meccanismi di attivismo preziosi. Il legame, il contratto che si stringe attraverso il sostegno di un candidato/partito, fa sentire l’elettore protagonista, un anello forte della catena che traina l’affermarsi del progetto politico. Perciò, l’elettore/donatore non va deluso, men che meno ingannato. La responsabilità che viene dal coinvolgimento nella raccolta fondi implica etica, serietà. Dopo la donazione, il processo comunicativo non si arresta, bensì è qui che inizia. La relazione creata con l’elettore/donatore va seguita, curata. Si comincia con un «grazie» e si prosegue con una informazione costante sui progressi della raccolta fondi, sull’evoluzione della campagna, su ciò che è stato possibile realizzare grazie al contributo volontario.

La comunicazione quindi, lo ribadisco ancora, è la chiave di volta del fundraising. È la relazione il terreno comune sul quale si muovono entrambi, e l’obiettivo è la creazione e il consolidamento di un legame fiduciario con i cittadini/elettori.

È infine chiaro che i partiti dovranno impegnarsi per rappresentare una valida “opzione di investimento” nei confronti degli elettori. I politici dovranno infatti ricostruire la loro immagine, la loro reputazione, ristabilendo una corrispondenza tra le parole e i fatti, poiché i cittadini “investiranno” (tempo e denaro) in modo continuativo e periodico solo su coloro che fanno, o che almeno tentano di fare, ciò che promettono. Mentre “toglieranno i fondi” a chi dimostrerà di non essere limpido, coerente, accountable.

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